Una breve storia sulla antica terra della Lessinia, che ancora oggi ci offre una finestra sul passato tra antiche contrade, malghe, profonde valli, altipiani suggestivi, boschi magici.
La Lessinia è quasi un’unità a sé stante perché chiusa a nord dalla Valle dei Ronchi e dal Carega, a Est dalla Valle del Leogra, a Sud dal corso dell’Adige e ovest dalla Val Lagarina (val d’Adige).
Si estende per 800.000 km quadrati, conta 30.000 abitanti, 500 contrade e 84 Malghe.

È quindi un’unità a sé stante, solcata da numerosi valli che dagli alti pascoli scendono verso la pianura di Verona:
- Valle di Fumane + Valle di Marano + Valle di Negrar che assieme formano la Valpolicella
- Valpantena
- Val Squaranto
- Val di Mezzane
- Val d’Illasi
- Val Tramigna
- Valdalpone
- Val di Chiampo
- Val dell’Agno
PREMESSA
Meno frequenti i ritrovamenti del Paleolitico Superiore (da 40.000 a 10.000 anni fa).
Dell’Età del Bronzo (3500-1000 a.C.)abbiamo modesti reperti che tuttavia coprono l’intera era.
I villaggi fortificati, detti anche Castellieri, sono da collocare in questo periodo. ritrovamenti avvennero in zona Monte Purga a Velo Veronese.
I romani giunti in Lessinia (II e I sec. a.C.) riutilizzarono gli antichi castellieri come torri d’avvistamento e presidi militari. Si stabilirono nella parte bassa della Lessinia dove costruirono ville per il soggiorno estivo dei Nobili, templi nei pressi di risorgive per venerare le NINFE (donne mitologiche portatrici di benessere e fertilità che si pensava vivessero nei boschi, prati).
La città di VERONA venne costruita nel 49 a.C. e fu considerata la seconda città più importante dopo ROMA; prima della sua costruzione gli ingegneri romani studiarono la zona alla ricerca di fonti d’acqua e trovano delle risorgive nella zona di Montorio (Val Pantena). Costruirono quindi un acquedotto per portare alla città di VERONA l’acqua. Costruirono strade, la più importante era la via Postumia che collegava GENOVA ad ACQUILEIA (148 a.C.).
Nel 1287 avvenne la prima vera colonizzazione ad opera di popolazioni germaniche (TZIMBAR) provenienti dalla vicina Vicenza che si spostarono nella zona orientale (Roverè, Giazza), dedicandosi alla lavorazione del legno, al carbone, alla pastorizia. In quel periodo avvenne un notevole disboscamento per fare spazio ai pascoli oltre che a rimuovere i tanti sassi dai prati che venivano usati poi per la costruzione delle case e dei muretti di recinzione di terreni e bestiame.
L’arrivo e l’aumento di queste popolazioni portò alla nascita delle contrade e alla costituzione dei 13 comuni che rimase sino alla dominazione Veneziana. Le contrade erano gruppi di case costruite dalle famiglie stesse con le pietre e calce della zona e della calce fatta da loro (per fare la calce veniva accesso un fuoco che cuoceva la pietra calcarea per 4 giorni e 4 notti; poi lo si lasciava raffreddare per due giorni, quindi si aggiungeva acqua per sciogliere la pietra e creare la calce), erano orientate a sud per prendere il caldo del sole e piccole finestrelle per non far passare il freddo.
Erano costituite dalla stalla nella parte sottostante e sopra il fienile dove presenti i “bochiroi”: piccole finestrelle tonde nel fienile. Sopra alle porte c’era il “pendenèl” ovvero la piccola tettoia in pietra che serviva per proteggerla dalla pioggia. Attaccato al fienile si trova la casa dove nella parte bassa c’è la cucina, camino, tavolo, seggiole e dispensa (tutto l’arredamento venne costruito da loro). Nella parte in alto le camere da letto e sopra a volte il granaio.
Vicino alle case c’era un piccolo orto dove si coltivava patate, verze, rape. Vennero costruite anche delle Malghe d’alpeggio per la produzione del formaggio e burro. Fecero un gran lavoro di pulizia e disboscamento degli alti pascoli, ripulendo il terreno dai sassi usati per la costruzione delle proprie case, dei muri di confine, muri delle strade, delle giassare etc.
Tutto si costruiva da soli lavorando il legno: mobili, attrezzi di lavoro, scale interne, letti, finestre, scuri, posate, ciotole. Il frigo era una sorta di gabbia di rete in ferro appesa al soffitto, in una stanza del retro di casa con dentro burro, salame, formaggi, latte. Il letto è dotato a volte di una coperta, le persone hanno un abito per il lavoro ed uno per la festa. In camera da letto un piccolo armadio a 2 ante è più che sufficiente. Niente servizi igienici, molto freddo, in casa le finestre d’inverno sono ghiacciate, l’acqua nel bicchiere durante la notte pure. Poco sapone se non quello preparato in casa facendo bollire le ossa di animali.
Niente acqua corrente, niente luce elettrica. I pochi soldi si guadagnavano vendendo formaggio e burro; si scambiano le uova con caffè, zucchero, tabacco.
Nel 1.600 la povertà era diffusa e quasi un fatto normale tra il popolo. I nobili erano molto ricchi e guadagnavano dalle proprietà date in gestione. Il banditismo era molto diffuso, e si manifestava con omicidi, violenze e furti. Con le guerre tra signori i contadini venivano portati via dalle campagne per combattere e ciò procurava ulteriori problemi per mancanza di forza lavoro. Inoltre ci fu una terribile pestilenza nel 1630 che decimò la popolazione: Verona aveva 50.000 abitanti e ne rimasero solo 20.000 dopo solo un anno.
Anche una terribile malattia colpì l’agricoltura portando molti contadini ad abbandonare il territorio ed emigrare verso le città o addirittura all’estero.
Questa emorragia di persone terminò solo con la fine della seconda guerra mondiale grazie anche alla meccanizzazione dei lavori di campagna che riportò le persone ad occuparsene.
Alla fine del XIX secolo e negli anni ’50 iniziò la migrazione verso i centri abitati della pianura e all’estero, provocando uno spopolamento del 30%.
Il parco dei Mulini (a Molina) è stato anch’esso istituito per proteggere la bella zona che una volta vedeva la presenza di tanti Mulini con macine.
Ogni anno all’inizio di giugno gli allevatori della Lessinia portano il bestiame negli alti pascoli, dove i bovini respirano aria buona e mangiano erba fresca. Scendono verso settembre. Grazie all’alpeggio gli animali oltre a nutrirsi di erba buona, tengono puliti i terreni da spini e rovi. Negli alti pascoli è forte la presenza della Malga (circa 84 all’interno del parco), struttura costruita con lastame o blocchi di rosso ammonitico, era suddivisa nel BAITO e nella CASERA destinati alla lavorazione e trasformazione del latte in formaggio, burro. Si trovano parecchie pozze usate per l’abbeveraggio del bestiame, e dal XV secolo per la produzione del ghiaccio per le famiglie, macellai, alberghi, ospedali che continuò fino al 1950 circa.
Nella parte della media Lessinia forte è la presenza delle contrade, antiche costruzioni murarie che servivano come alloggio delle famiglie, come stalla per il bestiame e ricovero degli attrezzi. Le case erano costruite a mo’ di corte, come naturale espansione di una casa alla quale si collegava la successiva, per via dell’allargamento della famiglia.
Sotto c’era la stalla, sopra la cucina e letti, di solito in un unico ambiente. Erano ben orientate a sud per godere del caldo del sole, presentavano piccole finestrelle nella parte verso nord che non venivano mai aperte per non far entrare il freddo gelido portato dai venti. Le case erano costruite dalle stesse famiglie usando i blocchi di pietra estratti dalle cave della zona, sovrapposti a secco o con un po’ di calcina. Il locale dentro era davvero molto spartano, un camino per il fuoco, un tavolo, qualche seggiola, i primi fornelli a carbone.
La produzione del carbone avveniva ad opera dei boscaioli che dopo aver tagliato la legna in fascina questa veniva lasciata essiccare per 10-15 giorni e solo dopo la si accatastavano a mo’ di cono alto 2-3 metri, chiuso per bene con foglie e terra per non far entrare ossigeno, dove all’interno nella parte sottostante accendevano un fuoco che lentamente crea una combustione che senza bruciare la legna la andava ad essiccare grazie all’evaporazione. Tale operazione durava 4-5 giorni, e si vedeva il classico fumo bianco all’inizio (l’acqua evaporata), per diventare blu quando il processo di carbonizzazione era terminato e si raccoglieva per poi venderlo in paese agli artigiani e alle famiglie (per cucinare e per il ferro da stiro).
I successivi Cimbri, di origine bavaro-tirolese, si spostarono intorno al XII secolo dalla vicina Vicenza, nella parte orientale della Lessinia, sembra a Roverè.
Da qui colonizzarono la media alta Lessinia fondando nel tempo 13 importanti comuni; molto importante fu Giazza dove ancora oggi sono vive alcune tradizioni cimbre con gli ultimi anziani che parlano l’antico dialetto tedesco.
Ottennero privilegi ed esenzioni di tributi dai Vescovi di Verona, in cambio del controllo dei confini e della cura del territorio. Le loro attività erano la produzione della calce per la costruzione delle contrade, produzione e conservazione del ghiaccio, produzione del carbone, allevamento e coltivazione.
La popolazione cimbra, ma in generale il popolo della Lessinia, è sempre stato molto religioso con una forte riverenza verso il culto della Madonna e Santi. Si trovano infatti, ancora oggi, molti segni di questa divinazione lungo le strade e contrade del territorio. Nel XII secolo la gente metteva dei lumicini negli angoli bui della contrada o lungo alcune strade per fare luce e per evitare agguati di briganti. Successivamente venne l’idea di mettere dietro il lumicino anche la foto di un santo per non farlo splendere a vuoto e magari per scoraggiare i briganti.
Nel corso dei secoli questa semplice immagine si trasformo in vere e proprie sculture: cippi, croci votive, edicole, capitelli, nicchie, colonnette, cappellette. Nel 1600 ci fu una enorme pestilenza nella zona del Lago di Garda e Veneto. La popolazione si dimezzò. I montanari pensarono quindi di propiziarsi la Beata Vergine ed i santi (San Rocco e San Sebastiano) erigendo pietre lavorate con le loro raffigurazioni.
Una antica leggenda della zona di Bolca (contrada Casoni) racconta di un pastore che volendosi spostare a vivere a valle, portò con sé un’immagine raffigurante la madonna con bambino presa da un capitello in pietra del 1849. Mentre scendeva sentiva sempre maggior fatica e si accorse che il peso di questa madonnina in pietra aumentava sempre di più fino ad impedirgli di proseguire. Ad un certo punto non riuscendo più a proseguire, cominciò la risalita per tornare e si accorse che il peso si alleggeriva sempre di più. La madonnina venne quindi lasciata nel suo capitello.
- Forte di Rivoli
- Chiusa di Ceraino
- Forte di Ceraino
- Forte di Monte
- Museo dei Cimbri a Giazza
- Museo dei Fossili a Bolca
- Museo dei Trombini a San Bortolo delle Montagna
- Museo Geopaleontologico a Camposilvano
- Museo l’uomo e l’ambiente a Bosco Chiesanuova (alpeggio, pastorizia, l’uomo, la calce, il carbone, la tessitura)
- Museo Paleontologico e Preistorico a Sant’Anna d’Alfaedo (reperti del monte Loffa)
Ponte di Veja (creatosi come crollo della grotta circa 60.000 anni fa) è l’ingresso di un’antica enorme grotta carsica; la distanza tra le basi dei piloni di calcari grigi oolitici è di 52 metri, mentre l’arcata spessa 9 metri è di rosso ammonitico e dista da terra 29 metri. Questo luogo fu visitato dal famoso Dante Alighieri che ne scrisse nella divina commedia.
Gli strati geologico sono così formati:
- Scaglia veneta rossa (cretaceo superiore 95-65 milioni)
- Biancone (cretaceo 135-65 milioni)
- Rosso Ammonitico (giurassico superiore 160 – 135 milioni)
- Calcari oolitici di San Viglio (cretaceo 175-160 milioni)
- Calcari Grigi
- Dolomia
Le principali ville Venete nascono durante la dominazione delle Serenissima (1400-1800) ad opera dei nobili di Verona e Venezia che fanno a gara per avere i migliori terreni più fertili sulle colline, lasciando quindi ai poveri contadini i terreni peggiori aggravando ulteriormente le loro precarie condizioni di vita.
La chiesa parrocchiale di Gargagnago è stata costruita nel 1378 e solo nel 1820 assume l’attuale stile neoclassico assomigliando ad una villa veneta.
A Gargagnago villa Serego Alighieri fondata dal quartogenito dell’antico poeta intorno 1340 ed oggi ancora dei discendenti della dinastia Alighieri.
San Giorgio Valpolicella era già popolato in epoca antica; passarono i Reti, i veneti e gli etruschi. Fu costruita una necropoli ed un tempio.
I primi veri insediamenti furono ad opera degli Arusnati (discendenti dei cavernicoli che arrivano nella Valpolicella intorno a V sec. a.C.) che qui costruirono dei laboratori per la lavorazione del ferro al fine di costruire attrezzi da lavoro e di caccia. Piantarono per primi la Vite per produrre il vino all’epoca chiamato RETICO oggi meglio conosciuto come Recioto.
I romani arrivarono nel territorio nel II a.C., ricostruirono il tempio e un’ARA usata per i riti propiziatori ed i sacrifici verso il DIO SOLE e la DEA LUNA (l’ARA è oggi ancora presente nella chiesa e sopra di essa vi è posta una colonna con una scritta in latino), si dedicarono all’estrazione delle rocce dalle cave per monumenti e per la città di Verona, alla produzione del vino, all’ allevamento e all’agricoltura. Nella chiesa è ancora presente il “TURIBOLO” in bronzo dove veniva messo dell’incenso da bruciare.
Qui è presente l’antica malga Biancari, usata all’epoca per portare il latte da lavorar e produrre formaggio, burro.
Il ponte Tibetano è stato costruito nel 2012 ed è costato 100.000€. Lungo 52 metri e sospeso a 40 metri si trova proprio sopra la bellissima Val Sorda, dove presenti anche i Covoli del Diavolo ed il Buso Streto usate secoli fa come riparo e luoghi di sepoltura.
Nel 1900 questo riparo viene abbandonato ma poi nel 1902 un certo ADELALDO ricercatore, naturalista e archeologo vi soggiorna per alcuni mesi, ma viene subito mandato via dagli abitanti di Casarole e si trasferisce nella piccola grotta sotto dove rimane per diversi anni.
Un giorno in una di queste grotte trova la refurtiva rubata dalla chiesa di Breonio e così gli abitanti lo ringraziarono concedendogli di rimanere nel rifugio. Si nutriva di un piccolo orto e alimenti che gli venivano donati.
Muore d’infarto nel 1953.
La spluga(voragine) della Preta(la valle che congiunge il Corno Mozzo con il Corno d’Aquilio) è profonda 870 metri, ha un enorme cono di ingresso del diametro di 18 metri che scende per 15 sino al buco largo 3 metri. Presenta 3 sale di ingresso a 130 metri, 110 metri, 88 metri. I pozzi si sono formati milioni di anni fa.